Anche quest’anno, puntuale come ogni inizio estate, scatta la solita polemica sulle lavoratrici e sui lavoratori stagionali. Associazioni datoriali, imprese del turismo e qualche politico, lamentano la difficoltà nel reperire personale per la stagione estiva. Stesse lamentele di sempre ma negli anni cambiano le cause. Sostenere, ad esempio, che reddito di cittadinanza e bonus erogati ai lavoratori e alle lavoratrici stagionali in questi 15 mesi di emergenza pandemica disincentivino i giovani ad accettare proposte di lavoro nel turismo è una narrazione falsa e lontana dalla realtà. Se davvero in questa regione mancano dai 5.000 ai 7.000 addetti nelle strutture turistiche, ed è difficile individuarli, le cause vanno piuttosto ricercate in quello che da tempo come organizzazione sindacale denunciamo e cerchiamo di contrastare: la diffusa irregolarità nel settore, il diffondersi del sistema di applicazione di “contratti pirata”, un’elevata precarizzazione del lavoro (non solo nella stagionalità), il ricorso al “lavoro in appalto” con l’utilizzo di personale non assunto direttamente dall’impresa ma fornito da terzi ed ulteriormente sottopagato (pratica questa che sconfina nell’illegalità), hanno portato ad un progressivo impoverimento del lavoro che inevitabilmente rende meno interessanti le opportunità occupazionali che un settore importante come il turismo invece potrebbe offrire. Riteniamo necessario invertire questa tendenza, la ripresa dopo l’uscita dalla crisi pandemica potrà e dovrà essere un’opportunità per un rilancio del turismo, costruire un progetto di sviluppo e rilancio sostenibile dell’intera filiera fondato sulla qualità del prodotto, dei servizi e dell’occupazione è uno degli obiettivi condivisi nel Patto per il Lavoro e per il Clima sottoscritto in questa regione.
Continuare puntualmente a lamentarsi riguardo all’assenza di personale è una pratica totalmente inutile che non porta a nessun risultato. Noi proponiamo un confronto alle associazioni di categoria del settore allo scopo di individuare le vere ragioni per trovare le soluzioni, partendo dalla corretta applicazione dei contratti collettivi di lavoro firmati dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative, dalla diffusione della cultura della regolarità nelle assunzioni e della legalità, dal promuovere e sostenere la formazione per qualificare il lavoro e migliorare la qualità del servizio e del prodotto offerto.
Il turismo nella nostra regione dovrà continuare ad essere un settore economico di importanza strategica ma per fare questo non si può basare la propria competitività sull’abbattimento dei costi, a partire da quello del lavoro. Serve l’impegno di tutti – a partire da associazioni di categoria, istituzioni, amministrazioni locali e Regione – affinché davvero il sistema turistico emiliano-romagnolo crei non solo occupazione ma buona occupazione.